Cosa vuoi ridere?
La grande recita dell’insignificanza ha ammazzato la satira, come per pigrizia da Giovenale in poi si continua a chiamarla. E infatti i suoi bersagli se la suonano e se la cantano: per strada, sui palchi, in rete, sui carri del Gay Pride. Teneri, gaglioffi e indomiti sollecitano attenzione a un pubblico sempre più sadico e svogliato. Cantano le sigle dei cartoni della loro infanzia, i vecchi cantautori, “Maracaibo”,/mare forza nove,/ fuggire sì, ma dove?” s’impegna Elly Schlein, e la risposta soffia enigmatica nel vento: “Za za”. È vero che il mondo è cambiato. Ma diamine, da un pò; i politici si sono messi pure a ballare, sotto i riflettori s’intende, e il presidente pugliese Emiliano, scatenatosi in una tarantella, e Alessandra Mussolini, in prima serata su Raiuno, si sono fatti male. Ciò nondimeno tirano baci, imprecano, si addormentano nelle aule del Parlamento (Lotito), indossano lenzuoloni da fantasmi (Magi), s’imbucano alle feste di capodanno con minipistola fumante (Pozzolo) o, non richiesti, spadellano citazioni a casaccio, da “I have a drink” di Totò Cuffaro alla “moltiplicazione del vino” di Lollobrigida, principe d’incontinente comicità ministeriale e preterintenzionale. Però anche si tuffano in mare a Capodanno (Vannacci), accendono pire votive (Zaia), sbarcano all’Isola dei famosi (Adinolfi e Giarrusso), trasmettono alla radio la ricetta dello spritz (Nordio), fanno il verso del cane in tv (Montaruli), alzano automobili per esibire il loro vigore (Capitan Bandecchi).

Di quanti altri tizzoni ardenti si ha bisogno per ravvivare il focherello di una onesta satira, aguzza e tagliente come si conviene? La cronaca, dopo tutto, vive di frammenti, magari non fanno la storia, ma tutti insieme, accidenti se fanno impressione! “Mi diverto come un matto” annuncia Renzi, “sto come una pazza” ammette la premier Meloni nei giardini del Quirinale, come pure “volevo morì” dopo una call con Trump e Zelensky. Potere e anti-potere sembrano esistere come stati dell’animo a disposizione del pubblico dileggio. Il titolare della Cultura Giuli, “il ministro Basettoni”, propagatore della supercazzola, addirittura si offende; e l’indimenticato ex ministro Toninelli si improvvisa “mental coach”, la sua piattaforma ha nome “Basta pensieri”; d’altra parte Beppe Grillo congeda i cinque stelle alla guida di un carro funebre. Euforia, straniamento, vanità, pensieri di morte, l’ombra di Dioniso, le meraviglie del possibile, alè! Chi per mestiere ha vissuto tre Repubbliche appuntandosi giorno dopo giorno le indispensabili scemenze e follie della vita pubblica è costretto a dare un senso al suo diligente impegno riciclandosi quale video-spazzino, magari con l’intento civico di liberare il linguaggio pubblico dalle incrostazioni della retorica ruffiana e demente, ma è uno sforzo ormai vano e impossibile.

Già Flaiano, oltre mezzo secolo fa, teorizzava come agli italiani piacesse “solo” ridere e far ridere. Di lì a poco i governanti avrebbero cominciato a richiedere le vignette in cui venivano sbertucciati. Ad azzardare un minimo di analisi storica, la svolta che ha reso inservibile la satira può farsi risalire a Berlusconi che riuscì a farsela tornare utile secondo lo schema: “Vivi sicuro nella vergogna: ferito di beffa, fiorisci di beffa” (Shakespeare). Con la medesima e sgomenta approssimazione, alla luce delle fioritissime buffonate del Cavaliere, forse si è sottovalutato il fatto che sul finire degli anni 10 il partito di maggioranza relativa divenne proprio il movimento fondato da un attore comico che fino a quel momento aveva mandato tutti a quel paese. Il risultato è che oggi la satira appare sepolta sotto un smottamento assai più vasto, confuso, profondo, cataclismatico.
Un esito che probabilmente ha a che fare con la perdita del senso della realtà causato dalla rivoluzione tecnologica e dal relativo smarrimento del rapporto tra vero e falso – e l’IA è solo ai suoi esordi. Ma intanto la ministra Santanché intreccia una danza con Pulcinella, Prodi tira ciocche di capelli, Tajani regala mozzarella a Vance, Salvini candida Trump al Nobel per la pace e il congresso della Lega si chiude con “Felicità” di Albano e Romina. Ed è come se la fine della vergogna avesse generato un mondo insieme eccessivo, fragile e autosufficiente nel quale ogni umana debolezza è un video-contenuto da scorrere. Se persino Mantovano si incornicia un avviso di garanzia, se Franceschini ha scelto come ufficio un’autofficina e Sgarbi è entrato in depressione, ecco, quale satiresco rimasuglio riserva la foto di Sangiuliano che, sfregiatissimo d’amore, si mette in posa davanti allo specchio nei momenti morti di qualche trascurabile Grande Evento? Ogni epoca ama annunciare la sua apocalisse. Non è ovviamente la tragica macina del novecento, ma si direbbe un ciclo d’irrazionalità sistemica, un guazzabuglio insieme osceno e sgargiante. Satira colposa, risate amarognole, un altro presagio.